Miti e leggende di Sicilia
La Sicilia è terra di leggende che affondano le loro radici nella storia millenaria dell’isola. Il nome stesso “Sicilia” è frutto di una leggenda bizantina che narra di una bellissima principessa libanese di nome appunto Sicilia alla quale era stata prevista una sorte infausta se , al compimento del quindicesimo anno di età , non avesse lasciato in barca e da sola la sua terra di origine. Tremante ed impaurita nel giorno del quindicesimo compleanno la principessa partì in barca e rimase in balia delle onde per tre mesi fino a quando non approdò in una terra meravigliosa , ricca di fiori e di frutti, ma deserta. Lì incontrò un giovane che le spiegò come l’isola fosse ormai disabitata all’infuori di lui per via di una epidemia di peste. Dal loro amore nacque così una nuova stirpe forte e gentile e l’isola mutò il nome da Trinacria (terra dei tre promontori) in Sicilia.
A proposito dell’antico nome “Trinacria”, cioè terra dei tre promontori , una leggenda associa la Sicilia al gigante Tifeo , che aveva osato impadronirsi del cielo ed era quindi stato sprofondato dagli antichi dei nelle profondità del Mediterraneo. Il suo supplizio fu di rimanere supino sul fondo del mare con le braccia alzate. La mano destra sosteneva Capo Peloro e la sinistra Pachino. Capo Lilibeo comprimeva le sue gambe mentre la testa del gigante sosteneva l’Etna. Di tanto in tanto il gigante tentava di ribellarsi al suo supplizio sputando sabbia e vomitando fiamme dalla bocca, oppure tentando di scrollarsi di dosso il peso dell’isola facendo tremare la terra.
Alla Sicilia normanna si fa risalire invece la leggenda di Colapesce , pescatore di Messina che amava talmente il mare da riuscire a rimanere sott’acqua molto più a lungo di qualsiasi altro comune mortale. La sua fama arrivò persino alla corte dell’imperatore normanno di Sicilia, Federico II, il quale decise di mettere alla prova personalmente le capacità di Colapesce. Dal suo palazzo reale l’imperatore si spostò a Messina e, mandato a chiamare il pescatore, gli ordinò di riportare una coppa d’oro che aveva gettato nelle acque dello stretto di Messina. Cola si tuffò in acqua e restituì la coppa a Federico II, ma questi ancora non soddisfatto lanciò in mare la sua corona. Il pescatore ritornò dopo due giorni dicendo al sovrano che nelle profondità dello stretto aveva visto come la Sicilia poggiasse su tre colonne delle quali una sembrava cedere sotto il peso dell’isola. L’imperatore, sempre più incuriosito buttò in acqua un prezioso anello e chiese a Cola di riportarglielo. Il pescatore accettò ma disse anche che se avessero visto salire a galla l’anello quello era il segnale che lui non sarebbe più ritornato. Passarono alcuni giorni e l’anello tornò a galla senza Colapesce. Il giovane era rimasto sott’acqua per sostenere la Sicilia laddove l’isola rischiava di inabissarsi.
Queste tre leggende sono solo alcune delle innumerevoli storie legate profondamente alla Sicilia. Testimoniano di una ricchezza inestimabile in fatto di tradizioni popolari e sono legate alle diverse culture che nel corso delle varie dominazioni straniere si sono intrecciate e hanno lasciato un’impronta indelebile nell’isola.
Caterina De Simone