L’area archeologica di Tindari: il suo impianto abitativo
La visita dell’area archeologica di Tindari permette di apprezzare l’impianto urbano, le fortificazioni ed i complessi architettonici finora messi in luce durante le campagne di scavo. Ma prima inquadriamo il nostro luogo dal punto di vista storico.
Tindari sorge su un promontorio roccioso a 230 m sul livello del mare, lungo la costa nord-occidentale della Sicilia. La città antica fu fondata da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, nel 396 a.C., per insediarvi un gruppo di esuli Messeni, in gran parte suoi mercenari.
Tindari fu una fedele alleata prima di Siracusa contro i Cartaginesi e poi dei Romani, divenendo una civitas decumana, soggetta cioè al pagamento di una tassa in natura. Durante il regno di Augusto divenne poi Colonia Augusta Tyndaritanorum. Si conosce poco della storia successiva: una frana durante l’età imperiale distrusse metà della città e poi il terremoto del 365 d.C. causò gravi danni.
Nell’ 836 venne infine conquistata e distrutta dagli Arabi.
L’area archeologica di Tindari: insula IV
Dopo aver visitato l’area archeologica è consigliabile anche una visita all’Antiquarium dove sono esposti pannelli storici e topografici della città, documenti sullo scavo e sul restauro e numerosi reperti. Ma in questa sede ci occuperemo prevalentemente delle case B e C rinvenute nell’insula IV (isolato), l’unica fino ad oggi scavata per intero. In base ai dati stratigrafici l’insula si data al II sec. a.C.
Le case a peristilio: le case B e C
La Casa B è una ricca domus di circa 900 m2
L’ingresso è un piccolo vestibolo dal quale si accede ad un peristilio (portico) delimitato da 12 colonne in mattoni, rivestite di intonaco. Al suo interno vi era un giardino con una vasca centrale (impluvium) con sottostante cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, che cadeva attraverso un’apertura del tetto (compluvium). Attorno al peristilio si sviluppavano diversi ambienti con varie funzioni:
- tablinum era il vano principale della casa dove era custodito l’archivio familiare e i larari (altari o edicole dei lari, protettori della casa), abbellito da un pavimento a mosaico con due cornici di acanto stilizzato che inquadrano motivi geometrici;
- l’oecus o triclinium (sala dei banchetti) è decorata con mosaici pavimentali geometrici policromi ed un rosone prospettico: qui gli ospiti potevano mangiare sdraiati sui letti tricliniari;
- sono presenti anche altri piccoli vani, probabilmente si tratta delle stanze da letto (cubicula).
Nella seconda metà del I secolo d. C. la casa ha subito una radicale ristrutturazione.
La casa C, come la casa B, è datata al II sec. a.C. ed insieme rispondono ad un piano costruttivo unitario
La casa presenta un peristilio posto al centro, delimitato da dieci colonne, realizzate con mattoni e blocchetti in pietra rivestiti da intonaco. Intorno a questo si sviluppano i vani di rappresentanza e quelli destinati ad uso privato. All’interno del peristilio sono state messe in luce colonne di diametro inferiore e frammenti di pavimenti che fanno supporre la presenza di un piano superiore.
Alcuni degli ambienti di queste due case sono in “opus signinum” (tecnica costruttiva del cocciopesto utilizzata dai Romani). Uno dei vani meridionali della casa C, ad esempio, presenta il signinum con una decorazione “a punteggiato” di tessere bianche, finitura in colore rosso e inserti di frammenti di marmo e pietre colorate.
Luana La Fauci