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Relitto di Capo Rasocolmo
17 Mag

Relitto di Capo Rasocolmo

IL RELITTO CAPO RASOCOLMO : DIECI GANCI IN BRONZO A FORMA DI PALMIPEDE

Il relitto di Capo Rasocolmo, lungo la costa tirrenica del Comune di Messina, è stato oggetto di due campagne di scavo, rispettivamente nel 1991 e nel 1996, promosse dalla Soprintendenza, nell’area dello Stretto. L’imbarcazione affondata a breve distanza dalla costa, su un basso fondale ghiaioso, ha restituito soltanto le parti metalliche:

  • chiodi in rame;
  • un’ancora in ferro;
  • metà di un ceppo in piombo;
  • il golfare in bronzo:
  • dieci grossi ganci in bronzo, a forma di palmipede, che dovevano servire a trattenere il cordame della velatura.

Il carico della nave era costituito da un gruppo di quindici elementi di macina in pietra lavica, che fungevano da zavorra, da un lingotto in piombo inscritto di provenienza spagnola. Vi erano, inoltre, altri piccoli oggetti fra cui un gruppo di cinquantuno monete e quindici ghiande missili in piombo, non recanti iscrizioni.  Dall’esame di questi elementi metallici appare evidente che la nave è affondata a causa di un incendio sviluppatosi a bordo: i ganci in bronzo presentano tracce evidenti di fusione, cosi come le lamine in piombo, completamente fuse, inglobano frammenti di legno carbonizzati. Lo scafo ligneo non ha lasciato tracce.

DATAZIONE E ATTRIBUZIONE DEL RELITTO

Importanti per la datazione e l’attribuzione del relitto sono le monete di bronzo e di argento databili in un periodo compreso tra il 43 a. C. ed il 36 a. C., la maggior parte di esse riferibili a zecche della fazione pompeiana.  Alle monete si aggiunge una laminetta di bronzo di forma semilunata, che può essere interpretata come il collare di un marinaio o di uno schiavo, sulla quale è leggibile il cognomen del grande Pompeo, ereditato dai figli Sesto e Gneo. Si tratta quindi di una nave da guerra, affondata nel corso di un’azione militare, forse poco prima del 36 a. C. Molti elementi rinviano alla famiglia di Pompeo Magno, quindi appare probabile che la nave si possa attribuire alla flotta di Sesto Pompeo che aveva occupato la Sicilia nel 43 a. C.  La guerra dei triumviri contro Sesto Pompeo coinvolse in modo particolare la cuspide nord orientale della Sicilia, tra Taormina, Messina, Tindari e le isole Eolie, e si concluse nel 36 a. C. a Nauloco, ad est di Milazzo, con la vittoria della flotta di Ottaviano, comandata da Agrippa.

DIECI GANCI IN BRONZO A FORMA DI PALMIPEDE

Tra gli elementi metallici appartenenti al relitto sono stati rivenuti dieci ganci a forma di palmipede. Cinque esemplari risultano assai simili, con estrema schematizzazione delle ali e delle zampe; nei rimanenti cinque il volatile è invece rappresentato con vigore naturalistico, compresa l’indicazione delle zampe. Nelle ali sono presenti fori circolari per chiodi. In tutti i ganci la parte inferiore del collo si appiattisce fino a formare una lastra sagomata ad angolo retto, che funge da staffa per ancorare il gancio ad un supporto ligneo di forma parallelepipeda. L’ipotesi che i ganci, collocati probabilmente lungo i fianchi della nave, fossero utilizzati per tenere le cime della legatura delle vele, è ad oggi la più attendibile. Ganci simili sono stati rinvenuti anche nel Lazio e nelle acque di Israele.

Questi ganci sono oggi esposti nella sezione archeologica del Museo Regionale di Messina.

Luana La Fauci (Daniela Dottore per la traduzione in inglese)

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